La Sala dell’Ospizio con le opere più importanti del museo è stata ristrutturata L’ambiente, reso più contemporaneo, diffonde luci su ogni singolo dipinto
Gabriele Rizza
Firenze.
Benché ancora chiuso, per il Museo di San Marco è tempo di nuova luce. Una luce che si diffonde dalle opere del Beato Angelico, padre fondatore del primo Rinascimento fiorentino, il pittore e frate domenicano che nel convento di San Marco visse e lavorò negli anni intorno al 1440 per affrescare gli spazi ristrutturati da Michelozzo su committenza medicea. Quando i visitatori potranno rimettervi piede sarà davvero una sontuosa scoperta. Si spalanca infatti un ambiente contemporaneo per la qualità del percorso e l’efficienza dell’allestimento, ma decisamente fuori dal tempo per l’emozionante religiosità che contiene e trasmette. Siamo nella così detta “Sala dell’Ospizio” (conosciuta anche impropriamente come “Ospizio dei pellegrini”) che ora, ultimo atto delle celebrazioni partite nel 2019 per i 150 anni del museo, dopo la presentazione dei restauri del “Giudizio universale” e della “Pala di San Marco”, si chiamerà “Sala del Beato Angelico”. Quasi una sorta di imprimatur identitario per uno spazio, realizzato fra il 1918 e il 1921 col compito di ospitare le opere più rappresentative del Museo, che ora accoglie la più importante raccolta al mondo di opere su tavola dell’Angelico.

La nuova disposizione, realizzata dallo studio fiorentino De Vita & Schulze e finanziata interamente dai Friends of Florence cambia radicalmente quella del 1980 voluta dall’allora direttore Giorgio Bonsanti, tenendo conto anche degli studi che negli ultimi decenni hanno infuso nuova linfa alla figura dell’Angelico. Ma soprattutto consente di apprezzare al massimo l’incanto che traspare dai dipinti, la tessitura cromatica dei ritratti e dei personaggi ai quali l’artista attribuisce non solo semplici gesti ma una profondità espressiva di sorprendente. Una lettura resa oggi ancor più coinvolgente dal nuovo impianto di illuminazione, tecnologicamente all’avanguardia, che diffonde la luce su ogni singolo dipinto.

L’inaugurazione della Sala del Beato Angelico – sottolinea Stefano Casciu, direttore regionale musei della Toscana – è un momento fondamentale della vita e della storia del Museo. Qui infatti è riunita la raccolta più importante al mondo di opere mobili dell’artista, nel contesto dell’antico convento domenicano legato strettamente ai Medici, che ne furono i mecenati assoluti.

Le opere, presentate su uno sfondo neutro, sono disposte in ordine rigorosamente cronologico e accompagnate da un leggio continuo contenente pannelli informativi in italiano e inglese che, grazie a degli accorgimenti grafici, permettono di seguire la ricostruzione dei complessi pittorici originari, illustrando le relative parti mancanti, conservate in altri musei in Italia e all’estero, quando non andate perdute. Sono ben 16 i capolavori esposti. Un corpus sensazionale, che va dalle tavole più monumentali, come la “Deposizione di Cristo” per la cappella Strozzi in Santa Trinita, la “Pala di Annalena” e il “Tabernacolo dei linaioli” più i già citati “Pala di San Marco” e “Giudizio universale”, per finire con dipinti di dimensioni minori, vedi le tavole dell’Armadio degli argenti” o le raffinatissime predelle e i preziosi reliquari. All’appello mancano la “Pala di Bosco ai Frati” e il “Polittico francescano”, attualmente in restauro all’Opificio delle Pietre Dure, mentre il “Compianto sul Cristo morto” è stato oggetto di un intervento di riordino estetico, con la rimozione di una schermatura ondulata aggiunta nel corso di un restauro nel 1955, che ne limitava la leggibilità.